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05/01/2019 10:46 | |
LE NOSTRE RADICI:
L'ITALIA DELLE CAMPAGNE E LA BEFANA
Ai tempi dei nostri nonni, nelle case si attendeva la Befana attaccando al camino una calza di lana che le nostre mamme e le nonne avevano lavorato ai ferri, con avanzi di lana colorata. I nostri nonni, nella loro semplicità, credevano alla Befana; scrivevano le lettere su una carta ruvida, usando spesse volte quella che i negozietti avvolgevano intorno a formaggio o acciughe. Manifestavano i loro desideri che per la maggior parte non venivano esauditi, perché c’era una grande povertà. Da rilevare che i carboni che trovavano in quelle particolari calze, non era quello di zucchero che è un piacere sgranocchiare, ma era vero carbone che poi si utilizzava per preparare le caldarroste che i bambini avrebbero mangiato dopo la tradizionale tombolata. Bei tempi!
Il mondo contadino credeva anche che la Befana portasse l’augurio per un buon raccolto. I bambini, invece, quando arrivavano i doni erano felici, era l’unica festa dell’anno in cui ricevevano i dolci. I dolci? Ebbene sì, nelle calze che loro aprivano trovavano: qualche mandarino, caramelle, zucchero d’orzo (fatto in casa), delle castagne, delle noci, dei lupini e della marmellata d’arance; era necessario però che fossero buoni almeno due mesi prima della festa, in caso contrario beccavano del carbone, della cenere, delle cipolle, dell’aglio e delle carote. Roba da fare un minestrone, eppure sono cose realmente avvenute. Purtroppo nelle calze non c’erano giocattoli, se non qualche bambola di pezza cucita dalle mamme e dalle nonne.
Il giorno della Befana non si mangiavano piatti particolari, ma con tutta la famiglia riunita, si gustavano castagne cotte, noci e ceci fritti. Alcune famiglie benestanti portavano dei doni ai poveri bisognosi, affinché potessero comprare cose necessarie come il pane.
Continua...
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