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QUANDO L’ABETE SEMPREVERDE DEI GERMANI DIVENNE L’ALBERO DELLA VITA.

Nell’Europa del Nord, in prossimità del Solstizio d’inverno, quando il sole sembrava sparire dall’orizzonte per poi ricomparire, lottando con le tenebre, era tradizione adornare un albero sempreverde, quale albero cosmico, l’abete caro al dio
dei Germani Odino, simbolo della vita che non muore. I Vichinghi credevano che l’abete rosso avesse il potere di rinnovare la vita, perché non cedeva le foglie nemmeno al più rigido degli inverni e per questo veniva celebrato con addobbi di frutta, così come facevano i Celti. L’albero era la vita perenne dunque, ma anche l’asse verticale che punta l’alto, l’ascesi, la comunione col cielo e, per questo, l’elevazione dalla materia allo spirito.

Durante la prima cristianità la tradizione dell’albero non si spense, anzi, si arricchì di nuovi significati legati alla rivelazione. I culti pagani vennero intesi come una prefigurazione cristiana e l’albero divenne simbolo del Cristo, germoglio di Dio sulla terra. L’albero biblico della conoscenza, quello che il testo della genesi poneva al centro del paradiso terrestre, tornò così a rivivere nel mito del ben più antico abete nordico della vita.



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