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Il fatto che popolazioni preistoriche umane dedite ai culti sacri alla Dea Madre avessero avuto in tempi remoti un rapporto forte con il gatto è importante perché costituì una base culturale in cui le prime società organizzate svilupparono un forte legame religioso con questo bellissimo mammifero. In Egitto, in Mesopotamia, in India ma anche nel Mediterraneo, tutte le società matriarcali primigenie iniziarono ad adorare il gatto come animale divino. L’esempio per eccellenza sicuramente è quello dell’Egitto, in cui il gatto era personificazione della Dea Bastet. Bastet era alter-ego di Iside-Hathor, quindi a tutti gli effetti la Dea Madre nel suo aspetto più dolce e materno, contrapposto alla forza spaventosa della Dea-leonessa Sekhmet. Mentre questa rappresenta la ferinità più incontrollabile, la mamma gatta Bastet viene raffigurata come una figura umana con la testa di gatto, con ai piedi una cesta piena di adorabili gattini. Il gatto in Egitto veniva onorato con splendide statue e persino mummie. I gatti defunti venivano mummificati secondo gli stessi procedimenti usati dagli umani. Ciò che affascinò fortemente gli Egizi fu la perfezione fisica del gatto, chiamato da loro Mau (dal verso onomatopeico) e ritratti in splendide raffigurazioni, come questo bronzo della XXVI Dinastia.



Anche in Estremo Oriente, specialmente nel Sud-Est asiatico, il gatto divenne un campione di sacralità diventando, anche grazie alle sue doti occulte paranormali, un tramite con la divinità. Ancor oggi i siamesi sono sacri in Thailandia, per non parlare della razza del Sacro di Birmania, allevato da millenni nei monasteri buddhisti.


A Sinistra la Dea Bastet in Egitto. A destra la Dea Freya con il suo carro trainato da gatti


La Dea Freya, della mitologia nordica, aveva il suo cocchio volante trainato da due gatti, presumibilmente di razza Norvegese delle foreste.

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