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Dall’antico rito del falò, deriverebbe dunque il carbone – o anche la cenere – inserito nelle calze o nelle scarpe insieme ai dolci, in ricordo, appunto, del rinnovamento stagionale, ma anche dei fantocci bruciati. Nell’ottica morale cattolica dei secoli successivi, nelle calze e nelle scarpe veniva inserito solo il carbone come punizione per i soli bambini che si erano comportati male durante l’anno precedente.”

L’enciclopedia Treccani ci dice qualcosa di interessante sull’origine del termine Epifania. Eccolo qui:

“Termine greco (ἐπιϕάνεια, «manifestazione»), usato in senso religioso dai Greci per indicare l’azione di una divinità che palesa la sua presenza attraverso un segno (visione, sogno, miracolo ecc.). Sono ricordate epifanie di Zeus, di Artemide, di Dioniso, e in particolare, di Asclepio, divinità sanatrice, che si manifestava al paziente, per lo più in sogno.

Nel mondo cristiano il termine è passato a designare la festa, di sicura origine orientale (certo non precedente al III sec.), commemorativa delle manifestazioni divine di Gesù Cristo: il battesimo di Gesù nel Giordano, l’adorazione da parte dei Magi e il primo miracolo a Cana.”

(Leggi anche: “Artemide archetipo femminile”)
Il blog La Soffitta delle Streghe ci rilascia un articolo molto interessante sulla storia della figura della Befana, da cui traggo quanto segue:

“In epoca medioevale si dà molta importanza al periodo compreso tra il Natale e il 6 gennaio, un periodo di dodici notti dove la notte dell’Epifania è anche chiamata la “Dodicesima notte”.

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