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Il giornalino, con il suo formato tascabile, parlava in modo scanzonato, confidenziale e con lo stesso linguaggio usato dalle adolescenti di musica, cinema, moda, televisione e cronaca rosa. E lo faceva quando non era così semplice seguire vita e imprese dei personaggi famosi in tempo reale e quando era obbligatorio attendere il nuovo numero in edicola per scoprire se Leonardo DiCaprio si fosse fidanzato. Ma parlava anche di sentimenti, amore e sessualità a un pubblico quasi interamente femminile che andava dai quindici ai diciott’anni circa. Divenne ben presto, dice Iafrate, una specie «di amico e confidente» e divenne, soprattutto per la sua funzione pedagogica sul sesso, un giornale «trasgressivo»: parlava in modo strutturato di cose di cui nessuno parlava, dando risposte a domande che né a scuola né a casa le ragazze osavano fare.

Sulla copertina del primo numero di Cioè (che costava 600 lire) compariva Franco Gasparri, il volto più famoso dei fotoromanzi degli anni Settanta, poi diventato attore di cinema e tivù. C’erano un servizio di Sandro Paternostro, storico corrispondente Rai da Londra, i testi di alcune canzoni di Edoardo Bennato e un articolo di Antonio Ricci e Beppe Grillo intitolato “Siamo nella fantascienza”: raccontava, in modo ironico, i feriti dell’estate appena trascorsa a causa degli sport da spiaggia che «solo nella prima settimana di agosto» erano stati «più del numero dei sottosegretari del governo Cossiga: un numero incredibile».

La copertina del primo numero di Cioè, 7 ottobre 1980


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