Mondi dei Misteri

Origini del Carnevale: storia, usanze, tradizioni

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    00 02/02/2022 22:13


    Approfondimenti e notizie sulle Origini del Carnevale e delle maschere della commedia dell’Arte

    Il Carnevale è una festa con orgini antichissime ed è poi giunta fino a noi come la festa più allegra e pazzerella dell’anno!

    Qui abbiamo raccolto un po’ di notizie e approfondimenti sulle origini del Carnevale, delle maschere della commedia dell’Arte, sulle usanze e le tradizioni delle varie regioni.

    Arlecchino, Pulcinella, Pantalone, Gianduja: come sono nate? Che caratteristiche hanno? Che relazione hanno tra loro?

    Inoltre, visto che la data del Carnevale non è fissa ma si sposta tutti gli anni, pur restando solitamente a cavallo tra i mesi di febbraio e marzo, abbiamo creduto utile darvi indicazioni per conoscere di anno in anno le date del Carnevale.

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    00 03/02/2022 01:08

    Date del Carnevale 2022


    Date del Carnevale 2022: quando cade Carnevale quest’anno? E i prossimi anni?

    Le date del Carnevale non sono date fisse sul calendario, ma variano ogni anno (come per Pasqua e la Festa della mamma)

    Crediamo quindi che sia utile segnalare le date del Carnevale 2022 e anche quelle dei prossimi anni a venire in modo che possiate organizzare per tempo le vostre feste in maschera e gli eventi per la settimana più allegra e pazzerella dell’anno!

    Tenete conto che il Carnevale classico va dal Giovedì grasso al Martedì grasso, seguito dal Mercoledì delle Ceneri e quindi dalla quaresima.

    Il Carnevale Ambrosiano, invece, continua fino al Sabato grasso e lì si conclude. Il Carnevale Ambrosiano è tipico della zona di Milano.

    Per l’anno 2022 le date del Carnevale vanno dal 24 Febbraio al 1 Marzo (Sabato grasso del Carnevale Ambrosiano 2022: 5 Marzo)

    ANNO 2022
    Giovedì grasso: 24 Febbraio 2022
    Carnevale: Domenica 27 Febbraio 2022
    Martedì grasso: 1 Marzo 2022
    Mercoledì delle Ceneri: 2 Marzo 2022
    Sabato grasso (fine del Carnevale Ambrosiano): 5 Marzo 2022


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    00 03/02/2022 01:11

    Storia e origini del Carnevale


    Ecco alcuni brevi cenni sulla storia e le origini del Carnevale
    Il Carnevale come lo conosciamo noi è indiscutibilmente un prodotto del Medioevo.
    Il termine ha come concetto la privazione della carne; designa il giorno o i giorni che precedono il principale periodo di penitenza del cristianesimo: la quaresima.

    Le sue origini, però, affondano le radici nelle antiche usanze pagane come i saturnali, e i lupercali.
    A seconda dei luoghi ha inizio a Capodanno, all’Epifania, o alla Candelora (2 febbraio) e culmina nei giorni definiti “grassi“, dal giovedì al martedì prima delle Ceneri.

    A partire dal quattrocento, il Carnevale subirà una serie di attacchi.
    Dopo i tentativi di cristianizzazione a opera di moralizzatori come il Savonarola, sia la Controriforma, sia le Chiese cercheranno di sopprimere questa festa decisamente troppo pagana.

    Durante i secoli, il Carnevale, ha stimolato la nascita di celebrazioni in forma di combattimento rituale, in cui venivano evidenziate le lotte fra varie parti di una stessa Città (quartieri, rioni, come ancor oggi avviene ad esempio nella battaglia delle arance di Ivrea), o fra classi sociali diverse dei cittadini.

    Così durante il Carnevale prendevano piede le battagliole fra circoscrizioni cittadine in cui i gruppi provenienti da tutta la popolazione si affrontavano a colpi di sassi, bastoni, (oggi sostituiti da manganelli di plastica).
    Fra i nobili si organizzavano giochi di origine cortese dov’era importante dimostrare la propria prodezza nell’utilizzo delle armi.

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    00 03/02/2022 01:14

    La storia delle maschere di Carnevale


    Scopriamo la Storia delle maschere di Carnevale!
    La maschera (dall’arabo mascharà, scherno, satira) è sempre stata, fin dalla notte dei tempi, uno degli elementi caratteristici e indispensabili nel costume degli attori. Originariamente era costituita da una faccia cava dalle sembianze mostruose o grottesche, indossata per nascondere le umane fattezze e, nel corso di cerimonie religiose, per allontanar e gli spiriti maligni.

    In seguito, dapprima nel teatro greco, successivamente in quello romano, la maschera venne usata regolarmente dagli attori per sottolineare la personalità e il carattere del personaggio messo in scena. Ma l’uso della maschera che interessa questa necessariamente sommaria introduzione si riferisce propriamente a quel fenomeno teatrale, fiorito in Italia nel corso del XVI secolo e affermatosi prepotentemente in quello successivo, comunemente noto come “Commedia dell’Arte”.

    Uno dei primi “temi”, estremamente elementare e naturale, oggetto di rappresentazione nelle primitive forme della commedia “a soggetto”, è la “beffa del servo”, una sorta di ingenua e innocua rivincita concessa dalla fantasia popolare all’umile nei confronti del potente. Innumerevoli sono le rappresentazioni, specie sui palcoscenici della decadente Repubblica veneziana, che hanno come tema il contrasto tra il servo zotico (lo “Zanni”) e il padrone vecchio e rincitrullito (il “Magnifico”).

    La fortuna del contrasto, le varie forme in cui si manifesta, fanno sì che il personaggio dello Zanni subisca continue, interessanti e sostanziali modifiche, e che si caratterizzi variamente, rendendosi sempre più simpatico e variegato: questo spiega la presenza, nella tradizione giunta fino a noi, di tante maschere rappresentanti parti di servitori, dal celeberrimo Arlecchino all’intelligente Scapino.

    A proposito di Arlecchino, ci sembra doveroso ricordare quell’autentico genio della Commedia dell’Arte che nobilitò le scene nella seconda metà del XVI secolo e, partito con l’interpretazione dello stereotipo personaggio del servo Zan Ganassa, nel 1572, in terra di Francia, per la prima volta attribuì alla maschera il nome di Zanni Arlecchino.

    Le continue e salutari mutazioni a cui fu soggetto il personaggio dello Zanni portarono inevitabilmente alla distinzione fra servo furbo e servo sciocco, chiamati “primo” e “secondo” Zanni.
    Arlecchino, Burattino, Flautino e il famosissimo Pulcinella facevano parte del secondo gruppo; Brighella, Beltrame, Coviello, Zaccagnino, Truffaldino, Pezzettino, Stoppino del primo.

    Un posto di primo piano è riservato alle maschere dei “vecchi”, il cui capostipite sarebbe il “senex” della commedia latina. I “vecchi” generalmente erano due, ma non portavano sempre e dovunque lo stesso nome; perlopiù furono conosciuti l’uno sotto il nome di Pantalone e l’altro di Dottore, Dottor Graziano o Dottor Balanzone.
    Altra maschera fondamentale era quella del Capitano, soldataccio spaccone, vanaglorioso, violento e pavido, altrimenti noto come Capitan Spaventa, Capitan Rodomonte, Capitan Matamoros , Capitan Spezzaferro, Capitan Terremoto, Capitan Spaccamonte, e via di questo passo. In questa maschera si è voluto vedere una caricatura feroce del soldato spagnolo che, nel periodo di tempo in cui fiorì la Commedia dell’Arte, spadroneggiò in quasi tutta la penisola.

    Accanto alle maschere che rappresentavano i personaggi principali e indispensabili in ogni commedia, si aggiravano altre maschere, spesso doppioni, derivazioni delle prime con mutazioni o correzioni non molto indovinate: a volte non era mutato che il nome, altre il dialetto che la maschera parlava. I Pandolfi, gli Ubaldi, i Cola, i Burattini e i Pezzettini ebbero giorni di relativa gloria nel XVII secolo, dopo di che scomparvero.

    E, dal momento che ci siamo lasciati andare in una carrellata, fugace ma abbastanza organica, dei personaggi della Commedia dell’Arte, ci sembra giusto concludere ricordando quelle astute servette, altrimenti chiamate “fantesche”, preposte alla salvaguardia dell’onore di spesso scialbe padroncine.

    Tutti questi straordinari personaggi sono riusciti a sopravvivere alla morte del teatro al quale pur debbono la vita, perché riconosciuti degni di rappresentare ciò che di più caro le città italiane avevano nel cuore, le tradizioni domestiche, la parlata popolaresca, lo spirito delle antiche cose.

    E ancora oggi continuano a rallegrare i nostri Carnevali.

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    00 03/02/2022 01:28

    Le origini delle maschere di Carnevale


    Quali sono le origini delle maschere di Carnevale?
    Legata fin dalle sue origini a comportamenti folcloristici già precristiani, la maschera assolve varie funzioni: simbolo delle forze vegetative della natura, del mondo animale o di quello dei morti.
    Nel tardo medioevo il travestimento e le maschere diventano assai diffuse nei carnevali urbani (l’utilizzo della maschera tende ad esorcizzare e schernire figure gerarchiche), e specialmente nelle corti (dove assume un significato poetico).
    Al Carnevale odierno sono legate alcune maschere tipiche, caricature di vizi e difetti degli abitanti delle varie regioni.

    Scopriamo insieme le origini delle maschere del Carnevale italiano.

    Tra le più famose ricordiamo Pulcinella, tipica maschera napoletana, che ha la gobba e il naso adunco e veste con un camiciotto ed un pantalone, entrambi bianchi ed una mascherina nera.

    Scaramuccia nasce in Campania ed è un personaggio napoletano. E’ un po’ buffone e spaccone e si diverte a fare scherzi, però finisce sempre per prendere le botte. E’ molto pigro e di lavorare non se ne parla nemmeno. Ha un paio di pantaloni alla zuava con le calze lunghe, una giacca corta ed un mantello. Porta un baschetto nero in testa ed una maschera nera gli copre il viso.

    Balanzone è la maschera tipica di Bologna, dottore saccente e ciarliero. E’ un personaggio burbero e brontolone che fa credere di essere un grande sapiente, ma molto spesso truffa la gente. La storia dice che è un avvocato ed un professore che ha studiato all’Università di Bologna. La sua maschera è una presa in giro per tutti coloro che si vantano del loro sapere appena si presenta l’occasione. Come usavano le persone colte dell’epoca indossa un abito nero e sopra una lunga toga nera dalla quale spuntano solo un grosso colletto bianco ed i polsini bianchi. Porta una grossa cintura in vita alla quale appende un fazzoletto bianco.

    Stenterello di origine fiorentina, è povero in canna e sempre pieno di fame. E’ la figura di un giovane che grazie alla sua astuzia ed all’ingegno riesce sempre a cavarsela. E’ vestito con una giacca colorata con sotto un panciotto e dei calzoni corti. Ha una parrucca con il codino ed un cappello nero.

    Scapino, maschera bergamasca nata verso la fine del cinquecento. E’ un personaggio che con il passar del tempo ha subito qualche modifica. E’ un giovane che ama la musica, passava il tempo a comporre melodie e canzoni. Aveva un costume colorato ed indossava una mantella. Sua fedele compagna la chitarra che portava sempre con se.

    Gioppino, maschera di origini bergamasche nata agli inizi dell’ottocento. E’ un personaggio rubicondo, buffo e simpatico con una grande risata molto contagiosa. Fa il contadino, ma questo lavoro non gli garba molto poiché deve faticare troppo e guadagnare poco, così cerca sempre di arrangiarsi con lavoretti meno impegnativi e più remunerativi. Indossa dei calzoni corti una camicia ed una giacchetta. In testa porta un cappello morbido e porta con se un bastone.

    Tartaglia è la figura di un avvocato piuttosto grasso e goffo. Il suo nome deriva dal fatto che quando parla balbetta. Porta un paio di pantaloni al ginocchio, le calze lunghe, le scarpe con la fibbia, una camicia con gli sbuffi, una giacca ed il panciotto. Indossa anche il mantello ed un cappello.

    Pantalone impersona un vecchio mercante veneziano avaro e brontolone. Il suo vestito è ben conosciuto: giubbetto rosso stretto alla cintura, calzoni e calze attillate, uno zimarrone nero sulle spalle, scarpettine gialle con la punta all’insù. Crede solo nel denaro e nel commercio: autoritario e bizzarro è però facilmente raggirato dalla moglie e dalle figlie.

    Brighella nasce a Bergamo ed è una maschera che sembra essere comparsa prima del Medio Evo. E’ un giovane servo eclettico, attaccabrighe, furbo. Il suo nome è nato dal fatto che per lui è facile litigare con le persone. Ha un paio di calzoni bianchi ed una giacca bianca con disegni verdi. Porta un cappello simile a quello di un cuoco ed una maschera nera.

    Arlecchino, originario di Bergamo, rappresentò nel teatro del 1550 la maschera del servo apparentemente sciocco, ma in realtà dotato di molto buon senso. Ghiotto, sempre pieno di debiti ed opportunista, rappresenta il simbolo di colui che si adatta a qualunque situazione ed è disposto a servire chiunque, pur di ricavarne dei vantaggi. Alle sue prime apparizioni indossava un abito bianco, che divenne poi di tutti i colori a forza di rattopparlo. Alla cintura porta infilato il “batocio” (bastone) e la “scarsela” (borsa), sempre vuota.

    L’unica maschera femminile ad imporsi in mezzo a tanti personaggi maschili è Colombina, briosa e furba servetta. E’ vivace, graziosa, bugiarda e parla veneziano. E’ molto affezionata alla sua signora, altrettanto giovane e graziosa, Rosaura, e pur di renderla felice è disposta a combinare imbrogli su imbrogli. Con i padroni vecchi e brontoloni va poco d’accordo e schiaffeggia senza misericordia chi osa importunarla mancandole di rispetto. Ha un vestito semplice con delle balze sul fondo e un grembiule con qualche toppa. Ha un berretto bianco in testa.

    Gianduja, la più importante maschera piemontese di origine astigiana. Circa 200 anni fa, nella città di Torino, viveva un famoso burattinaio divenuto celebre grazie ad uno dei suoi burattini, tale “Gironi” che in dialetto piemontese significa Gerolamo. Siccome il nome faceva pensare a chiare allusioni antinapoleoniche (correva l’anno 1798 e il fratello di Napoleone si chiamava proprio Gerolamo), al burattinaio fu consigliato di cambiare nome al personaggio. Mentre rifletteva su quale nome dargli, vicino ad Asti, il burattinaio conobbe un simpatico contadino, tale Gioan d’la douja, chiamato così perché gran bevitore e frequentatore di locande (douja, in piemontese, significa boccale). Il burattinaio non ci pensò due volte e ribattezzò il suo burattino Gianduia, vestendolo alla stessa maniera del contadino: giacca marrone, panciotto giallo, cappello a tre punte e parrucca col codino girato all’insù, sulla cui punta spicca un nastrino rosso. Gianduia è un galantuomo allegro, con buon senso e coraggio che ama il buon vino e la buona tavola; è il personaggio popolare simpaticamente presente in tante manifestazioni torinesi con la faccia rubizza.

    Giacometta, è la compagna fedele di Gianduja. E’ una giovane donna semplice e molto intelligente.

    Meneghino è una maschera che arriva da Milano ed è nata verso la fine del Seicento. E’ un personaggio simpatico e burlone al quale piace prendere la vita per il giusto verso anche quando le cose vanno un po’ male. Porta un paio di pantaloni verdi listati di rosso lunghi fino al ginocchio ed un paio di calze lunghe a righe bianche e rosse, una casacca corta ed una camicia con sbuffi e merletti. In testa ha un cappello a tre punte ed una parrucca con il codino, e porta con se un ombrellino colorato.

    In epoca successiva nasce anche la moglie di Meneghino, Cecca Di Berlinghitt (in milanese fronzoli, decorazioni), che di mestiere smercia nastri alle clienti del marito.

    Capitan Spaventa è nato intorno alla fine del ‘900 in Liguria. Il suo nome intero è Capitan Rodomonte Spaventa di Val d’Inferno e si tratta di uno spadaccino molto particolare, in quanto alla spada preferisce le parole per colpire i nemici. E’ un giovane di bella presenza con baffetti e pizzetto, con un abito colorato ed un grosso cappello con le piume.

    Rugantino è un personaggio che nasce nel Lazio. Ha un caratteraccio, è scortese e scorbutico. Indossa un paio di calzoni ed una giacca lunga. Ha il panciotto colorato e le calze a strisce. Porta un grosso cappello tipo gendarme.

    Mezzettino è una maschera abbastanza giovane nata a Bergamo.

    Sandrone è una maschera che nasce in Emilia Romagna. Si tratta della figura di un contadino un po’ ignorante ma grande lavoratore. E’ molto furbo e scaltro. Ama il buon vino e porta sempre con se un fiasco pieno. Porta un paio di pantaloni fino ai polpacci e delle calze lunghe, una giacca ed un panciotto. Ha le scarpe grosse ed un cappello floscio in testa.

    Beppe Nappa è un personaggio nato in Calabria, ma si tratta di un siciliano. E’ spensierato e felice, ama cantare e ballare ed ogni tanto combina qualche guaio. Ha un lungo naso ed è molto buffo. Lavora come servo presso qualche ricco barone al quale scrocca vino e cibo finché non viene scoperto. Indossa un abito bianco e le maniche della camicia sono lunghissime. Ha un paio di scarpe con sopra delle palline colorate. Porta un cappello nero.



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    00 03/02/2022 01:32

    Le tradizioni di Carnevale


    Quali sono le maggiori Tradizioni di Carnevale?
    Qui di seguito troverete una piccola descrizione sulle tradizioni di Carnevale che ancora esistono nelle regioni d’Italia.

    Occorre precisare innanzi tutto che nelle Tradizioni di Carnevale sono confluite tali e tante feste ed usanze, antichi retaggi del mondo pagano che hanno il sapore dei riti d’inizio di un ciclo annuale, che risulta estremamente difficile dare un’interpretazione completa ed esauriente di quello che il Carnevale e queste feste significano.

    Nel Carnevale, ad esempio, si è trasferita l’antica festa dei Saturnali, che in Roma aveva luogo durante il solstizio d’inverno tanto che, nel personaggio di Carnevale possiamo riconoscere un continuatore del Re dei Saturnali. E come questo veniva alla fine immolato, così il personaggio di Carnevale, dopo aver preso parte a tutte le manifestazioni di allegria e baldoria, viene processato, condannato e bruciato come avviene in molte zone d’Italia e come avveniva presso i romani il sacrificio del dio Saturno.

    Naturalmente ad una morte fa generalmente contorno un testamento e così avviene, per esempio, ad Agnone, in Molise, dove un pupazzo rubicondo, coronato da re, viene trasportato, sopra un carro, per le vie del paese tra canti, suoni e schiamazzi. Fermatosi al largo della fontana viene processato e condannato a morte. Prima dell’esecuzione però, nel far testamento rivela tutte le malefatte della comunità: tradimenti, disonestà ecc.

    A Pettorano sul Gizio addirittura il testamento viene prima esaminato, censurato e visitato dalle autorità. A Staffolo, nelle Marche, il testamento sopravvive ma attraverso espressioni più piacevoli; così pure avviene a Forano nella Chiana ed in altre regioni del Sud. Questo “testamento gentile” è una discendenza diretta di composizioni popolareggianti assai diffuse fin dalla metà del XVI secolo; ha trovato sviluppi teatrali anche in Calabria ed in Toscana attraverso le farse di Carnevale e le befanate.

    Se ne trovano tuttora sopravvivenze nel Nord, in Val Canonica e nelle bosinate in dialetto lombardo; ma quel che più caratterizza il Carnevale è indubbiamente l’allegria, il rito propiziatorio del benessere della comunità: canti, balli, scherzi, certe forme di licenziosità che hanno un originario e giustificativo carattere ritualistico.

    Anche se la vita moderna ha attenuato di molto i motivi di interesse per il Carnevale, rimangono dei luoghi dove questi periodi di baldoria non sono scomparsi del tutto. E’ il caso di Ivrea dove domina la bella Mugnaia che, secondo una leggenda medievale avrebbe ucciso il Marchese tiranno, un fantoccio che finisce bruciato. Segue al rogo imponente corteo guidato dal generale a cavallo seguito da cinque abbà con un’arancia infissa sulla spada. Tipica, in chiusura, è lotta a colpi d’arance tra squadre. Da sottolineare che in queste gare, diffuse anche altre città, fa sempre la sua comparsa l’arancia, a cui la leggenda popolare attribuisce poteri propiziatori.

    Un altro Carnevale importante è quello di Viareggio, che si distingue dagli altri per la varietà e la grandiosità dei carri e dei fantocci simbolici. Abbiamo già citato, in apertura, i casi della morte o uccisione del Carnevale; essa in genere è preceduta dal trasporto del condannato per le vie della città, sorta di parodia, comica e macabra insieme, del corteo funebre.

    Tra i vari pianti che accompagnano questi cortei, il più diffuso (dalla Romagna fino all’Italia meridionale) si racchiude in una quartina ripresa poi più avanti in una canzone che riscosse un grosso successo popolare:

    “Carnevale perché sei morto?
    Pan e vino non ti mancava,
    l’insalata era nell’orto,
    Carnevale perché sei morto?”.




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    00 03/02/2022 01:35

    Carnevale: Mangiare a crepapelle!


    Perchè si dice: Mangiare a crepapelle?
    Il Carnevale, destinato ad anticipare e compensare, i rigori della Pasqua e della quaresima, è il periodo dell’eccesso alimentare. Nelle settimane di penitenza che seguono, fino a Pasqua, non sarà più possibile, secondo i precetti della Chiesa, mangiare carne e altri alimenti che eccitano i sensi. Non sarà quindi più possibile Mangiare a crepapelle!

    Ecco allora una concentrazione, specialmente nell’ultima settimana di Carnevale, dell’alimentazione carnea a tutti i livelli di festini e banchetti (come giovedì e sabato grasso, e come domenica e martedì di Carnevale). In questo periodo è quindi tradizione mangiare a crepapelle, cioè eccedere nell’alimentazione anche pesante. Carne, frittelle, chiacchiere, dolci, tortelli e chi più ne ha più ne metta!

    Il significato di questo fenomeno è in generale la sottolineatura dell’elemento stagionale: si finisce di consumare le scorte invernali, e con il consumo di beni in grande quantità ci si propizia abbondanza e fertilità.



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    Maschere della Commedia dell’Arte: storia e origini


    Scopriamo la storia e le origini delle maschere della Commedia dell’Arte
    La Commedia dell’Arte è un genere teatrale nato in Italia alla metà del Cinquecento e vivo fino alla fine del Settecento, all’interno del quale hanno avuto origine le maschere che ancora oggi animano il Carnevale italiano.

    Le Maschere nella Commedia dell’Arte rappresentano personaggi stilizzati e stereotipati che indossano delle maschere e dei costumi caratteristici e che si esprimono con comportamenti tipici di ognuna di loro.

    Certi personaggi femminili, come Colombina, rientrano tra le maschere anche se non ne indossando una: in questo caso ciò che le caratterizza sono i movimenti e la recitazione di un certo personaggio, con precise movenze e caratteristiche tipiche.

    Nei teatri veneziani del ‘700, coloro che accompagnavano gli spettatori ai loro posti indossavano anch’essi una maschera ed un tricorno. Per questo motivo ancora oggi col termine “maschera” si intende anche l’inserviente teatrale che sistema il pubblico in sala.

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    Arlecchino


    Arlecchino: storia e origini della celebre maschera bergamasca
    Arlecchino è forse la maschera più famosa della Commedia dell’Arte.

    Secondo la tradizione Arlecchino nasce in un quartiere povero di Bergamo, indossa un bellissimo costume colorato: giacca e pantaloni aderenti, con triangoli rossi, verdi, gialli, azzurri disposti a losanghe, completato da una mascherina nera, ai piedi delle scarpe con un grande fiocco e in testa un cappello di feltro decorato con un codino di coniglio.

    Ha un carattere vivace: inizialmente era il tipo del servo sciocco, in seguito è diventato più astuto, sempre pronto a trarre in inganno e a fare dispetti.

    Arlecchino ne combina di tutti i colori. Spesso finisce nei guai e la sua preoccupazione principale è la ricerca incessante di cibo: è sempre affamato! Si muove saltellando, fa piroette, inchini e capriole, inciampa e cade. A volte è complice del suo padrone – di solito avido e taccagno -, altre volte invece cerca di imbrogliarlo. Si dispera facilmente, ma sa anche consolarsi in fretta.

    In mano ha un bastone di legno, il “batocio” che un tempo veniva utilizzato per girare la polenta e per condurre le mandrie al pascolo, che gli serve per darle e prenderle nelle liti in cui si imbatte.

    Arlecchino è una maschera brillante e simpatica, si esprime con una voce stridula e canticchia invece di parlare.
    Ne combina di tutti i colori, proprio come il suo costume!

    Arlecchino nei versi tratti da Maschere di Domenico Volpi (Clicca qui per leggere il testo completo della filastrocca)

    Sono una maschera multicolore
    di professione fo’ il servitore.
    Mia prima origine fu bergamasca,
    ma non avendo mai un soldo in tasca
    vissi a Venezia come emigrante.
    Son litigioso, furbo, intrigante,
    ma sono il principe dei birichini!


    Curiosità su Arlecchino
    Un tempo il costume di Arlecchino era completamente bianco, come quello di Pulcinella. Poi a furia di rattoppi – Arlecchino è così povero da non avere stoffe di ugual colore – si trasforma nel variopinto costume che tutti oggi noi conosciamo, dai colori vivaci e brillanti.

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    Balanzone


    Balanzone: storia e origini della maschera bolognese
    Il “Dottor” Balanzone è la celebre maschera originaria di Bologna, un uomo di legge che parla, parla, parla… Si intende di tutto e trova sempre qualcosa da dire su qualsiasi argomento. Usa un linguaggio strampalato, zeppo di antichi proverbi e citazioni latine, ma detti a sproposito e spesso storpiati, lanciandosi in discorsi senza capo né coda, tanto da lasciare stupiti e a bocca aperta tutti quelli che lo ascoltano.

    Balanzone è il personaggio più chiacchierone e ciarliero della Commedia dell’Arte e parla con spiccato accento bolognese. Rappresenta in chiave comica e burlesca la saccenteria e la presunzione.

    Ha un aspetto florido e un fisico robusto, grasso, come “grassa” è la città che rappresenta: ama la buona cucina e non lo nasconde.

    Balanzone veste tutto di nero, abito, mantello e un grande cappellaccio a tese larghe, solo il bavero e i polsini sono candidi.
    Anche la maschera è di colore nero e gli copre parzialmente il viso, lasciando vedere le guance rubiconde e i grandi baffi.

    Balanzone nei versi tratti da Maschere di Domenico Volpi
    Sono una maschera dotta e sapiente
    chiacchiero molto, concludo niente!
    Son di Bologna un gran dottore:
    mi sottopongono ogni malore,
    ed io con l’abile mia parlantina
    sputo sentenze di medicina.
    Curo il malato col latinorum
    per omnia saecula saeculorum!



    Curiosità sul “Dottor” Balanzone
    Il nome Balanzone deriva da “balanza”, cioè da bilancia, il simbolo della giustizia che regna nei tribunali.
    Testo di Ilaria Pavetto

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    00 03/02/2022 02:00

    Beppe Nappa (o Peppe Nappa)


    Beppe Nappa (o Peppe Nappa): Storia e origini della maschera di Sciacca (Sicilia)
    Beppe Nappa (o Peppe Nappa) è una maschera di origine siciliana, originaria della città di Sciacca.

    Il suo nome è dovuto all’unione di due differenti parole: “nappa”, che significa toppa dei calzoni, e “Beppe”, diminutivo dialettale del nome Giuseppe (primariamente Peppe e poi Beppe). Quindi letteralmente “Giuseppe toppa nei calzoni” che indica, in pratica, un “uomo da nulla”.

    Danza, salta, è goloso e affetto da fame insaziabile, inoltre stupido in modo sconfortante. In pratica una versione siciliana del celebre Pulcinella napoletano, ma più agitato e agile.

    Il cibo è il suo interesse primario e principale e il suo ambiente favorito è quindi la cucina.

    Spesso ricopre il ruolo di servo sfaccendato, indolente e pigro, ma all’occorrenza capace di inaspettati guizzi di agilità, molto amati dal pubblico.

    Il costume è caratterizzato da un ampio abito azzurro, costituito da casacca e calzoni. Completa la maschera un cappellino di feltro, solitamente bianco. Il volto è senza maschera e senza trucco.

    Curiosità sulla maschera di Beppe Nappa (o Peppe Nappa)
    Beppe nappa (o Peppe Nappa) è la maschera simbolo del Carnevale della città di Sciacca.

    Alla sfilata dei carri allegorici attraverso la città, Beppe Nappa è sempre presente su un carro fuori concorso che apre il corteo e diventa simbolicamente sindaco di Sciacca durante quei giorni di festa.

    Alla fine della festa il carro di Beppe Nappa (o Peppe Nappa) viene bruciato nel centro della piazza cittadina. Intorno al rogo il popolo balla sulle note della canzone: e Peppi N’ppa.

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    00 03/02/2022 02:05

    Brighella


    Brighella: storia e origini della famosa maschera bergamasca
    Brighella (in bergamasco Brighèla) è la maschera tipica della città di Bergamo.

    Deve la sua fama all’attore Carlo Cantù che ne vestì i panni nelle rappresentazioni teatrali per molti anni del 1600.

    Il suo ruolo è quello di “primo Zani”, servo astuto, furbissimo e malizioso che inventa e mette in atto intrighi ai danni di Pantalone, spesso per aiutare poveri innamorati contrastati.
    È spesso dispettoso, attaccabrighe, insolente. Ha una mente agile e pronta, racconta frottole e bugie con tale abilità e sicurezza che spesso non si possono distinguere dalla verità. È abile a ballare, cantare, suonare.

    Nelle opere di Goldoni si trasformò in un servo saggio e fedele, sempre disposto ad aiutare gli scapestrati padroncini. A vuole buon padre di famiglia o avveduto albergatore.

    È il migliore amico di Arlecchino, con cui condivide l’origine bergamasca. Sono ambedue servi, ma Brighella si dà da fare anche in tanti altri mestieri più o meno leciti e si ritrova spesso invischiato in intrighi e complotti di vario genere.

    Il suo costume, che nel corso del tempo si è pian piano precisato, è costituito da una livrea bianca con strisce verdi su gambe e braccia e con tipici alamari dello stesso colore. Completa il costume tipico una maschera nera e un berretto bianco e verde.

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    Capitan Fracassa (o Capitan Spaventa)


    Capitan Fracassa: storia e origini della maschera ligure
    Capitan Fracassa, chiamato anche Capitan Spaventa, ha origini liguri e rappresenta la caricatura del soldato di ventura, fifone, sbruffone e spaccone.

    Vuole a tutti i costi averla vinta e fare fortuna, ma alla fine viene deriso e conclude ogni sua avventura a suon di botte.

    Capitan Fracassa (o Capitan Spaventa) racconta sempre storie incredibili, a cui crede solo lui, e nei fatti finisce per scontrasi con la sua stessa natura di vigliacco.

    Ha un aspetto piacevole, baffoni e pizzetto e i colori del suo costume sono il giallo e il rosso-arancio (qualche volta a righe).
    In testa calza un grande cappello piumato.

    Compagna fedele di Capitan Fracassa (o Capitan Spaventa) è una pesante e grossa spada che trascina rumorosamente e in modo impacciato, che tuttavia utilizza poco: combatte di più con la lingua.




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    00 03/02/2022 02:36

    Colombina


    Colombina: storia e origini della maschera veneziana
    Colombina è fra le poche figure femminili di rilievo della Commedia dell’Arte e ha origini veneziane (anche se viene citata già nel 1530 nei testi degli Accademici Intronati di Siena).

    Incarna il carattere della servetta furba, graziosa e vivace, sempre al centro degli intrighi amorosi della sua padrona, Rosaura, che serve con ogni tipo di stratagemma.

    I tratti della personalità di Colombina – l’astuzia e la malizia – si rintracciano già nelle commedie di Plauto. È affascinante e molto corteggiata, ma lei resta fedele al suo amato Arlecchino; spesso è portata in scena come sua fidanzata o moglie, tanto che talvolta prende il nome di Arlecchina, assumendone anche il suo costume tipico.

    Colombina è spesso oggetto delle attenzioni di Pantalone, il padre di Rosaura austero e severo, che la nostra furba servetta non fatica a raggirare.

    Indossa una gonna a balze, un corpetto e un grembiule, in testa la crestina, tipica delle cameriere.



    Curiosità su Colombina
    Il personaggio di Colombina ha assunto nomi diversi come Diamantina, Marinetta, Franceschetta, Marietta, Violetta, Corallina, Bettina.



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    00 03/02/2022 15:08

    Gianduja


    Gianduja: storia e origini della maschera piemontese
    Gianduja nasce verso la fine del ‘700 e ha origini piemontesi. Per essere più precisi ha origine in un paese dell’Astigiano, Callianetto.

    Giuanduja è allegro, di buon umore e terribilmente distratto: si narra che una volta abbia speso ore e ore a cercare il somaro su cui era in groppa!

    Incarna lo spirito bonario e gioviale dei piemontesi, generoso e assennato, ospitale e sorridente: è il galantuomo coraggioso e sempre pronto a fare del bene. Ama il buon vino, la buona tavola e stare in compagnia.

    Gianduja è sposato con Giacometta, donna semplice ma dall’intelligenza vivace, che rappresenta la saggezza delle donne piemontesi, che sanno con il buon senso risolvere anche le situazioni più difficili.

    Il suo costume è di classica foggia settecentesca e prevede pantaloni di fustagno marroni, calze rosse, panciotto giallo. In testa un cappello chiamato tricorno e una parrucca con il codino, al collo un fiocco verde.



    Curiosità su Gianduja
    Durante il Carnevale del 1865, a Torino, la maschera di Gianduja distribuì per le strade della città una leccornia fatta di cacao, burro di cacoa, zucchero e crema di nocciola delle Langhe: il gianduiotto! Il cioccolatino, ancora oggi delizia per il nostro palato, prende il suo nome proprio da questa maschera.



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