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La storia del torrone, un’invenzione araba (oppure romana?)

Mentre la coltivazione della canna da zucchero nel Mediterraneo si deve agli Arabi dal XVII secolo, l’intuizione di miscelare frutta secca e miele è ancora più antica. Ne parla il letterato Marco Terenzio Varrone, descrivendo in alcuni scritti del I secolo a.C. il cuppedo, una delizia a base di semi oleosi, miele e albume di origini sannite. Dal nome deriva la cubaita siciliana (con sole mandorle e miele), il cupeto o la copeta, dolce tipico delle zone tra Avellino, Benevento e Salerno.

Torrone di mandorle di Noto brustolite di Caffè Sicilia


Il gastronomo ante litteram Apicio va ancora più a fondo, raccontato il nucatum, una ricetta proprio a base di noci, miele e albume. Per vari secoli, però, la ricetta sparisce dai radar gastronomici, per ricomparire soltanto nel XI secolo sul trattato Libro dei medicinali semplici di un medico e farmacista arabo di stanza a Toledo durante la dominazione della penisola. Del turùn — dal verbo latino torrere, con riferimento alla tostatura della frutta —, a ben vedere, non si trovano tracce certe, ma senza dubbio in quel periodo era già diffuso un dolce secco mediorientale, chiamato dagli arabi alajun o alfajor e jalba dai cristiani (interessante, e non casuale, l’assonanza con l’halva) e antenato del nostro moderno torrone.

Torrone classico di mandorle


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