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IL PRESEPIO DI GRECCIO

di Tommaso da Celano

da "VITA PRIMA"




La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.
Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incamazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.
A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.
C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei fare memoria del Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello». Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.
E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando, ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco, vede che tutto è predisposto se- condo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. 1 frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali, perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell'Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria.
Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.
Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che, in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.
Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore,e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.

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IL NATALE

di Jacopo da Varagine

da "LA LEGENDA AUREA"

Il nascimento del nostro Signore Jesù Cristo, secondo la carne, sì avvenne, come alcuni dicono, compiuti dal tempo d'Adamo cinque milia ducento ventinove anni; ma, come dicono altri, furono semilia anni. Ma secondo che dice Eusebio di Cesaria ne le Croniche sue furono cinque milia ducento quarantanove anni, ma si fue al tempo d'Ottaviano imperadore; il cominciamento di semilia anni sì fu trovato da Merodio maggiormente per figura che per cronica. A quel tempo che il figliuolo di Dio venne in carne tanta pace era ne l'universale mondo, che uno solo imperadore de' romani signoreggiava pacificamente tutto il mondo. Ché, sì come elli volse nascere per darci la pace dei tempo e la pace de l'eternitade, così eziandio volse che niente di meno la pace del tempo alluminasse il suo nascimento. Adunque lo 'mperadore, signoreggiante a tutto il mondo, volse sapere quante provincie e quante cittade e quante castella e quante ville e quanti uomini fossero nel mondo. Comandò adunque, come si dice ne le Storie Scolastiche, che tutti gli uomini andassero a la cittade donde erano nati; e catuno offerisse al signore de la provincia uno danaio d'argento che valesse diece danari de la usuale moneta; per lo quale danaio confessasse sé sottoposto a lo 'mperio di Roma. E faceane professione, però che quello cotale danaio portava la imagine de lo imperadore e la soprascritta del nome. Ed era detta professione in ciò che quando catuno uomo rendea al signore de la provincia il capocenso, cioè quel danaio (che così si chiamava) sì '1 poneva in sul capo suo e con la sua bocca confessava sé sottoposto a lo imperio di Roma. Onde era detta professione, cioè a dire quasi con la propria bocca confessione; e faceasi ciò dinanzi a tutto il popolo. Descrizione era detta, per ciò che '1 numero di coloro che portavano il capocenso, si era determinato per certo numero, ed era recato in iscritte. Questa discrizione fu fatta primieramente dal signore de la Sorìa ch'avea nome Cirino.
Ed è detta la prima, imperciò che, come si trova in quelle Storie Scolastiche, prima la fece Cirino per ciò che vide [Ila provincia nel miluogo de la terra che s'abita; sì che fu provveduto che in quella si cominciò di prima e poi per l'altre contrade d'intorno. Ovvero ch'è detta la provincia la prima, cioè la prima universale, per ciò che l'altre particolare andarono innanzi. Ovvero, per la ventura, la prima de li capi ne la città era fatta dal signore, la seconda de le cittadi era fatta ne la provincia dal legato de lo 'mperadore, ma la terza de le provincie era fatta in Roma dinanzi a lo 'mperadore.
Essendo dunque Gioseppo de la schiatta di David, sì se n'andò da Nazzarette, là dov'egli abitava, in Betleem. E con ciò fosse cosa che si approssimasse il tempo del partorire de la vergine Maria e elli non sapesse de la sua tornata, sì la prese e menonnela seco in Betleem, non volendo il tesauro commesso a lui da Dio lasciarlo in mano altrui, ma elli stesso trattarlo con le sue mani e guardarlo con grande solennitade e sollecitudine.
E appresso n'andossi a Betleem (come racconta frate Bartolomeo, in un libro che e' compuose), dove dice che la Vergine vidde parte del popolo rallegrare e parte piangere. La qualcosa sponendogli l'angelo, sì disse: "La parte del popolo che s'allegra, si è il popolo pagano, il quale nel seme d'Abraam ricoverrà l'eternale benedizione; la parte che piange si è il popolo de' giuderi, riprovata da Dio, per li suoi mali meriti".
Ed essendo giunti ambedue in Betleem, non poterono avere albergo, e sì perché erano poveri e sì perché gli alberghi erano già tutti presi da gli altri. Cansaronsi dunque ad una coperta la quale è detto diversorio, sotto la quale i cittadini ne' di da non lavorare si ragunavano a sedere e a ragionare insieme, e anche per lo tempio rio e' non potevano stare fuori. Gioseppo apparecchiò iveritto una mangiatoia al bue e a l'asino; ovvero, secondo che vogliono dire altri, ivi era fatta la mangiatoia per ciò che quando i foresi venivano al mercato, legavano in quel luogo i loro animali. Sì che entro la mezzanotte de la domenica la Vergine santissima partorette il suo figliuolo e sopra lo fieno lo richinòe ne la mangiatoia; lo quale fieno, come si truova ne le Storie Scolastiche, santa Elena portò poi a Roma.
Da notare è adunque che '1 nascimento di Cristo fu fatto meravigliosamente, fu mostrato per molte guise e fu donato utilmente. Imprima dico che fu maravigliosamente fatto sì da la parte de la ingenerante, sì da la parte de lo 'ngenerato e sì da parte del modo de lo 'ngenerare. Imprima da parte de la 'ngenerante, imperciò ch'ella fu vergine innanzi al parto e dopo il parto.
Ched ella partorisse stando vergine; per cinque modi fu mostrato. Imprima per la profezia di Isaia profeta, nel settimo capitolo: "Ecco," dice "una vergine coneeperà e partorirà". li secondo modo per la figura, [imperciò che fu ciò figurato] per la verga d'Aron, la quale fiorìo sanza ogni studio umano, e per la porta d'Ezechiel, la quale stette sempre chiusa. li terzo modo per la guardia, ché Gioseppo sì la guardò e fu testimone. de la sua verginitade. Il quarto modo per sperienza per ciò che (si come si truova ne la compilazione di Bartolomeo e pare che fosse tolto dei libro De Infantia Salvatoris) con ciò fosse cosa che '1 tempo dei partorire fosse presso, Gioseppo, avvegna che non dubitasse che Dio dovea nascere di Vergine, ma volendo tenere l'usanza del paese, si chiamò due balie; le quali ebbe l'una nome Zebel e l'altra Salomè. Si che Zebel considerando e cercando e vedendo ch'ella era vergine, sì gridò che ella avea partorito stando vergine; ma Salomè non credendo, ma volendo provare ciò, altressì ponendo la mano là, incontanente diventò arida. Ma per comandamento de l'angelo che l'apparette, sì toccò il fanciullo e tosto fue sanata. li quinto modo per lo manifestamento del miracolo: ché a Roma, sì come testimona Innocenzio papa terzo, fue pace XII anni. Onde li romani ordinarono uno tempio di pace bellissimo e puoservi la statua di Romolo. Ma chiedendo consiglio a lo Dio Apolline quanto tempo quel tempio durerebbe, ed ellino ebbero risposta che tanto durerebbe ch'una vergine parturisse. Udendo ciò dissero: "Dunque durerà eternalmente"; però che vergine partorire giammai non sarà possibile; sì che ne le reggi del tempio scrissero questo titolo: "Tempio di pace eternalmente durabit". E in quella notte che la vergine partorette,.rovinòe il tempio infino dal fondamento; e ivi è ora la chiesa di santa Maria Nuova.
Secondariamente fu meravigliosamente fatto il nascimento da la parte de lo ingenerato. Onde dice san Bernardo: "In una medesima persona si raunarono meravigliosamente cosa eternale e cosa vecchia e cosa nuova. L'eternale ciò fu la divinità; l'antica ciò è la carne tratta d'Adamo; la nuova ciò [è] l'anima tratta di nuovo". Ancora, come dice elli medesimo: "Oggi fece Iddio tre mischiature, ovvero tre opere sì maravigliosamente singulari che tali non furono mai fatte né mai sono da fare più; ché sono congiunte insieme Dio e uomo, madre e vergine, fede e cuore umano. La prima è molto meravigliosa, ché sono congiunti insieme il fango e Dio, la maestade e la infermitade, cotanta viltade e cotanta altezza, che neuna cosa è più alta che Dio e neuna è più vile che '1 fango. La seconda neente di meno fu anche maravigliosa, ché dal secolo non fu giaminai udito che vergine veruna fosse che concepesse e partorisse e, dopo il parto, fosse vergine. La terza è più bassa che la prima e che la seconda, ma non meno forte; ché grande maraviglia fue come il cuore umano diede fede a queste due cose, e come si poté credere che Dio fosse uomo e che stesse vergine quella ch'avesse partorito". Queste cose disse san Bernardo. Il terzo modo fu meravigliosamente fatto da parte del modo de lo ingenerare, però che '1 suo parto fu sopra natura, in ciò che vergine concepette; fu sopra ragione, in ciò che ingenerò Dio; su sopra condizione umana, in ciò che partorette sanza dolore; fu sopra usanza, in ciò che coneepette di Spirito Santo, però che non ingenerò la Vergine di seme d'uomo, ma di Spirito Santo. Ché lo Spirito Santo scelse del castissimo e purissimo sangue de la Vergine e formonne il corpo di Cristo. E così mostrò Dio il quarto modo meraviglioso di fare l'uomo; però che in quattro modi mostrò Dio padre l'uomo, si come dice Anselmo: "Il primo si è sanza uomo e sanza femmina, come fece Adamo; il secondo si è d'uomo sanza femmina, e così fece Eva; il terzo si è d'uomo e di femmina, come si fa tutto die; il quarto rimaneva a fare di femmina sanza uomo, e questo è fatto oggi".
Secondariamente il suo nascimento fue in cotale die per molte guise mostrato, per la ragione ch'avemo presa di ciò ch'ella ingenerò Dio sopra condizione umana, e di ciò ch'ella partorette Dio sopra usanza, e di ciò ch'eila concepette di Spirito Santo. Però che mostrato fu, per tutt'i gradi de le criature, ch'elli è criatura la quale ha solamente essere, sì come quella ch'è pura corporale, [come le pietre]; altra è c'ha essere e vivere, come le piante; altra è c'ha essere e vivere e sentire, come gli animali; altra è c'ha essere e vivere e sentire e discernere, come l'uomo; altra è c'ha essere e vivere e sentire e discernere e intendere, come l'angelo.
Per tutte queste creature fue mostrato [oggi] il nascimento di Cristo. La prima criatura, cioè pura corporale, si è in tre guise, cioè oscura, trasparente e chiara. Imprima dunque fu mostrato per quella che è pura corporale oscura, sì come per la distruzione del tempio de' Romani, come detto è, e per lo cadimento de la statua di quello Romolo, la quale cadde allora e stritolossi; e, brievemente, tutti gli altri idoli e le statue che in altri luoghi n'aveva più, tutti caddero. Leggesi che Gerernia profeta, discendendo ne lo Egitto dopo la morte di Godolia, sì diede segnale a i re ovvero a' sacerdoti de l'Egitto che i loro idoli cadrebbero quando la vergine partorisse figliuolo. Per la qualcosa i sacerdoti de gli idoli, in uno segreto luogo del tempio, ordinarono una immagine di vergine portante uno garzone in grembo, e ivi sì l'adoravano. Ma richiesti poscia dal re Tolomeo, [dissero] che questo era misterio di paternale ordinamento, che i loro maggiori aveano avuto da santo profeta; e così credeano che dovesse avvenire infatti.
Secondariamente per la pura corporale trasparente, ché in quella notte l'oscurità de l'aiere si mutò in chiaritate di dì chiaro. Anche, sì come testimonia [Orosio e] Innocenzio papa terzo, a Roma una fontana d'acqua si mutò in licore d'olio, e, uscente fuori, e' corse insino al Tevere. E la sibilla avea profetato che quando rampollasse fontana d'olio, allora nascerebbe il Salvatore.
La terza per la pura corporale chiaritade, sì come per li corpi sopracelestiali; però che in quello dì di Natale, secondo che alcuni vogliono dire, come dice Orisostomo, adorando i magi sopra un monte, una stella apparve appresso di loro, la quale avea forma di bellissimo garzone e nel suo capo risplendea la croce; la quale, parlando a' magi, sì disse loro: "Andatene in Giudea e ivi adorate il garzone nato". Anche in quello die apparettero in oriente tre soli, i quali, a poco insieme, tornarono in uno corpo solare. In ciò significava che a tutto il mondo soprastava il conoscimento di Dio in tre persone e in una essenzia; ovvero che quelli era nato nel quale erano tre cose in una persona, cioè divinità, carne e anima. Ma ne le Storie Scolastiche si dice che questi tre soli apparvero non il dì di Natale, ma per alcuno tempo dinanzi, cioè dopo la morte di Giulio Cesare; le quali cose eziandio afferma Eusebio ne le sue Croniche.
Anche Ottaviano imperadore, come dice Innocenzio terzo, abbiendo sottomesso tutto '1 mondo a lo 'mperio romano, intanto piacque a' sanatori di Roma ch'elli il voleano coltivare per Domenedio loro. Ma il savio imperadore, sappiendo ch'elli era mortale, non si volse prendere nome de lo immortale Iddio; ma a loro importuno preghiere fece venire la Sibilla profetessa, volendo sapere per li suoi detti, se maggiore di lui dovesse nascere nel mondo. E con ciò fosse cosa che il die di Natale di Cristo richiedesse consiglio sopra ciò e la Sibilla stesse in orazione ne la camera de lo imperadore, entro il mezzodì apparve uno cerchio d'oro intorno dal sole, e nel mezzo del cerchio era una vergine bellissima portante uno garzone nel suo grembo. Allora la Sibilla mostrò queste cose a lo 'mperadore e, meravigliandosi molto lo 'mperadore per la detta visione, udì una boce che li disse: "Questo è l'altare del cielo". E disse a lui la Sibilla: "Questo fanciullo è maggiore di te, per ciò sì l'adora". Si che quella camera è consegrata in onore de la Vergine Maria; onde infino al dì d'oggi è chiamata santa Maria d'Ara Celi. Intendendo dunque lo 'mperadore che questo fanciullo era maggiore di sé, sì li offerette oncenso, e rifiutò da indi innanzi essere chiamato Iddio. Di questo parla Orosio: "In questo modo al tempo d'Ottaviano ne l'ora intorno a la terza, subitamente, essendo il tempo chiaro, apertamente apparve un cerchio a modo de l'arco celestiale, e attorneòe la ricondita dei sole, come se dovesse venire colui il quale sole avea fatto, e reggea il sole e tutto quanto il mondo". Di questo dice Orosio e, quello medesimo dice Eutropio.
Secondariamente il nascimento fu mostrato e manifestato per le creature che hanno essere e vivere, come sono le piante e gli albori. Ché in questa notte (come testimonia Bartolomeo ne la sua compilazione) le vigne d'Engaddo, le quale menavano balsamo, fiorirono e feciono frutto e diedero licore.
Nel terzo luogo fu mostrato per le criature che hanno essere, vivere e sentire, come sono gli animali, ché andando Gioseppo in Betleem con Maria, sua moglie, gravida, menò seco il bue e l'asino. Il bue forse per venderlo e pagare il trebuto per sé e per la Vergine, e de lo rimanente vivessero; l'asino forse per portarvi suso la Vergine. Sì che il bue e l'asino, per miracolo cognoscendo Iddio, con le ginocchia piegate sì lo adorarono. E innanzi al náscimento di Cristo per alquanti di, dice Eusebio, ne la Cronica sua, che arando alcuni i buoi, sì dissero a lì aratori: "Li uomini verranno meno e le biade faranno prode per se stesse".
Nel quarto luogo fu mostrato per la creatura che ha essere, vivere e sentire e discernere, come per li pastori. E in quella ora vegghiarono i pastori sopra la greggia loro, sì come usavano di fare l'anno due volte, cioè ne le più lunghe e ne le più corte notti de l'anno. Per ciò che costumanza fu anticamente de' pagani che, in catuno solitazio, cioè quello di state, per la festa di san Giovanni Batista, e quello de verno per la festa del Natale, guardavano le vigilie de la notte per riverenza del sole. Il quale costume già era molto cresciuto appo i giuderi per Ipuso di coloro che abitano tra loro. Si che l'angelo di Dio apparve a' pastori e annunziò loro il Salvatore nato, e diede loro segnale com'eglino 2 troverebbero. E immantanente con quello angelo fu fatta la moltitudine de li angeli, che diceano: "Gioria sia a Dio ne le alte cose, e in terra sia pace a gli uomini di buona volontà". Sì che i pastori vegnendo e trovando tutto come l'angelo avea detto, sì il narrarono poi a gli altri. Così anche fu manifestato per lo 'mperadore, il quale diede allora comandamento che veruno nol chiamasse Signore, si come testimonia Orosio, forse perché vide quella visione d'intorno al sole; e ricordandosi de la rovina del tempio, e de la fontana de l'olio, intendendo ancora che nel mondo si era nato uno maggiore di lui, non volse essere chiamato né Iddio, né Signore.
Anche fu manifesto per li soddomiti, i quali furono tutti spenti in quella notte, come dice santo Geronimo sopra quella parola: "Luce è nata a loro", ché nata fu quella luce che spense tutti coloro ch'erano maculati di quello vizio; e ciò fece Cristo per levarli di terra, acciò che ne la natura ch'elli avea presa non si trovasse da quinci innanzi tanta sozzura. Però che dice santo Agostino che, veggendo questo vizio ne l'umana natura, poco meno che non rimase d'incarnare.
Nel quinto luogo per la criatura che ha essere, vivere, sentire, discernere e intendere, come l'angelo. Per ciò che sì come detto è: "Gli angeli sì annunziarono a pastori il nascimento di Cristo fatto".
Nel terzo luogo il nascimento di Cristo fu dato a noi utilmente, però che '1 diavolo non ha tanta potenzia sopra noi che elli aveva prima. Onde si legge che l'abate Ugo Clunacense ne la vigilia del Natale di Cristo vidde la beata Vergine Maria tenere il figliuolo in braccio, e dicea: "Ora è il die che le scritture de' profeti sono rinnovellate. Ov'è dunque il nemico che innanzi a questo die avea potenzia sopra la generazione umana?"
A questa voce uscì il diavolo de la terra per contrastare a le parole de la nostra Donna, ma il peccato gli mentio, per ciò che quando elli cerca le luogora de' frati, la devozione lo caccia de l'oratorio, la lezione de la Messa lo caccia del refettorio, li vili letticelli dal dormentorio, la pazienzia dal Capitolo.
De l'utilitade del nascimento di Cristo parla san Bernardo: "Tre mali aveva la generazione umana nel principio e nel mezzo e ne la fine; cioè nel nascere e nel vivere e nel morire. Il nascere era immondo, il vivere perverso, il morire pericoloso. Venne Cristo e contro a questi tre mali recòe tre remedii, però che nacque e visse e morìo. Il suo nascimento purgòe il nostro; la sua vita ammaestròe la nostra, la sua morte distrusse la nostra". Queste cose disse san Bernardo.
Ancora de l'utilitade di quello nascimento di Cristo dice Agostino nel libro de la Trinitade ne l'ottavo capitolo: che l'umiltà del figliuolo di Dio, la quale mostrò a noi ne la sua incarnazione, fue a noi in essemplo convenevoli, [in sacramento e in medicamento. In essempeo convenevole] il quale l'uomo tenesse in sacramento alto, per lo quale fosse sciolto lo legame dei peccato nostro; e in sommo medicamento, per lo quale l'enfiatura de la nostra superbia fosse sanata. Queste cose dice Agostino. Ché: "La superbia del primo uomo fu sanata per l'umiltà di Cristo".
Ed è da notare che l'umiltà del Salvatore risponde convenevolmente a la superbia del traditore. Ché la superbia del primo uomo fu contro a Dio, per ciò che fue contro al suo comandamento ch'egli avea dato, che non mangiasse del frutto dei legno de la scienza dei bene e del male; fue anche infino a Dio, però che appetìo la divinitade, credendo quello che '1 diavolo gli avea detto, cioè: "Sarete come dii"; fue anche sopra Dio volendo quello che Iddio non volea che volesse, come dice Anselmo, ché allora soprappuose la sua volontarie a quella di Dio.
Così per contrario, il Figliolo di Dio, come dice Giovanni Damasceno, s'umiliò per li uomini, [non contra li uomini], infino a li uomini e sopra li uomini. Per li uomini per ciò che per la loro utilitade e salute, infino a gli uomini per lo modo similiante del nascere, sopra gli uomini per lo modo del nascere dissimiliante. Però che il suo nascimento, secondo alcuna cosa fu simigliante a noi, cioè perché nacque di femmina e per una medesima porta di schiatta; e secondo alcuna cosa fue dissimigliante, per ciò che nacque di Spirito Santo e di Maria Vergine.