L’ultimo dei Genesis con Peter Gabriel, la splendida bizzarria degli Sparks, il grande affresco sudista di Randy Newman, il proto punk dei New York Dolls, l’ora più buia di Gram Parsons, il lost weekend di Lennon e altre opere uscite in un anno fatto di grandi contrasti e grande musica
di Francesco Brusco
In una celebre scena di Aprile, Nanni Moretti attacca l’assenza politica e umana degli allora dirigenti di sinistra all’indomani della tragedia di Otranto del 28 marzo 1997: «Io me li ricordo, negli anni ’70, a Roma, la FGCI, i giovani comunisti romani… stavano tutti i pomeriggi a guardare Happy Days», e chiude con i pollici all’insù.
Piaccia o meno, Nanni le incoerenze ha sempre saputo coglierle e ricordarle; e di incoerenze è pieno l’anno inaugurato proprio dal debutto della serie tv con Fonzie e i Cunningham, a sua volta contraddittorio segno visivo di una società che tenta di rimuovere il trauma del Vietnam e lo scandalo del Watergate rincorrendo l’epoca d’oro del sogno americano. Il 1974 è un semaforo giallo sulla linea del tempo, all’incrocio tra progresso e restaurazione, piombo e austerity, spionaggi e diritti civili (in Italia è l’anno del referendum sul divorzio e del primo grande convegno nazionale femminista). E cosa c’è di più incoerente della finale mondiale dominata dall’Olanda, ma vinta da Beckenbauer (buonanima) e compagni?
In campo musicale l’onda lunga della crisi energetica si appresta a bussare alle porte delle case discografiche. Mentre l’eco di Woodstock si affievolisce sempre più, altre onde, di natura sismica, iniziano a scuotere il sottosuolo da un epicentro a cui due anni dopo daranno un nome: punk. È ovvio che siano gli artisti i primi ad avvertire le piccole e grandi contraddizioni serpeggianti nel tessuto socioculturale: non tutti hanno il radar di Nanni Moretti, ma negli album di quell’anno — seppur inconsciamente — i contrasti la fanno da padrone.
Si è detto a lungo che, per i vini, l’annata 1974 è stata da dimenticare; per i dischi non è così, provare per credere.
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