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Origini del Carnevale: storia, usanze, tradizioni

Ultimo Aggiornamento: 03/02/2022 15:45
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03/02/2022 15:11


Meneghino


Meneghino: storia e origini della maschera milanese per eccellenza
Meneghino (in milanese Meneghin) è la tipica maschera di Milano. Ha un carattere estroverso e allegro.

Il suo nome probabilmente deriva dal nome dei servi usati la domenica, detti Domenighini. Spesso infatti il suo ruolo negli spettacoli teatrali è quello del servo.

Il ruolo del servo però non è il solo ricoperto da questa maschera: alcune volte è anche padrone, mercante astuto o sciocco contadino.

Nacqua nelle commedie scritte nel 1600 da Carlo Maria Maggi e a differenza delle altre maschere della Commedia dell’Arte (dove le diverse maschere assumevano spesso le caratteristiche degli attori che le interpretavano), non lasciava spazio all’improvvisazione degli attori.

Meneghino è amante della vita tranquilla, è saggio e ha un forte senso morale.
Durante la dominazione austriaca divenne simbolo del popolo milanese per la sua tensione alla libertà. A tutt’oggi gli abitanti di Milano sono detti anche “meneghini” proprio in onore di questa maschera.

Nel corso del Seicento Meneghino aveva anche l’abitudine di riprendere i nobili per i loro vizi e nell’Ottocento questa caratteristica di accentuò ancora di più trasformando questa maschera in un censore dell’aristocrazia e del clero.

Poi pian piano Meneghino è scomparso dalle scene e dai teatri, come molte altre Maschere della Commedia dell’arte italiana, e al giorno d’oggi è quasi sempre relegato al teatro delle marionette e dei burattini.

Meneghino nei versi tratti da Maschere di Domenico Volpi
Sono una maschera innamorata
della città che m’ha creata.
Porto nel cuore la “Madunina”
e canto sempre ogni mattina.
Col panettone in una man
ché “el me’ Milan, l’è un gran Milan!”.
I più ribaldi e gli aggressori,
in ogni tempo li feci fuori.


Curiosità sulla maschera di Meneghino
Meneghino è diminutivo del nome Domenico (in milanese Domenegh o Menegh).

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03/02/2022 15:14


Meo Patacca


Meo Patacca: storia e origini della maschera romana
Meo Patacca è la maschera che nella Commedia dell’Arte rappresenta, insieme a Rugantino, la città di Roma. Originario di Trastevere, noto quartiere romano, è spiritoso e impertinente, ma buono di cuore. Vuole sempre avere ragione, è spavaldo e coraggioso e spesso usa il bastone.

Meo Patacca è un vero attaccabrighe, cerca di provocare risse e tafferugli, ma lo fa con simpatia e non si tira mai indietro.

Indossa un panciotto allacciato di lato, con una fascia in vita, un fazzoletto legato al collo, in testa un berretto o una retina calzati all’indietro. I pantaloni sono stretti al ginocchio e le scarpe hanno fibbie di acciaio.

Meo Patacca viene raffigurato spesso con un fiasco di vino, intento a bere.


Curiosità su Meo Patacca
Il nome Meo Patacca deriva dal soldo che costituiva la paga del soldato, la “patacca”. La prima volta che fa la sua comparsa è infatti nel 600′ in un poema di Giuseppe Berneri, dove impersona un soldato, sempre pronto a battersi.

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03/02/2022 15:17


Pantalone


Pantalone: storia e origini della maschera veneziana
Pantalone è un ricco mercante veneziano, burbero e avaro. Il denaro e le ricchezze sono le sue uniche preoccupazioni, che lo rendono sospettoso nei confronti di tutto e di tutti.

Come tutti gli avari piange sempre miseria e fa patire la fame ai suoi servi. Non esita ad intromettersi in dispute e litigi che non lo riguardano, sputa sentenze per far sfoggio della sua autorevolezza e finisce puntualmente con l’avere la peggio.

Alcune volte è rappresentato scapolo, altre con moglie e figlia, la bella Rosaura, al cui servizio c’è la scaltra servetta Colombina.

Indossa calzamaglia e blusa rosse, con un mantello scuro e una maschera nera dal naso adunco, tutt’uno con il cappellino floscio e rosso. Un corto spadino e la borsa contenente i denari (la “scarsela”) completano il suo abbigliamento.

Sulle origini del nome Pantalone si avanzano diverse ipotesi: potrebbe derivare da San Pantaleone, il Santo Patrono di Venezia, oppure da “pianta-leone”, che era l’atto con cui i soldati e i ricchi mercanti veneti “piantavano” lo stendardo della Serenissima in ogni territorio conquistato.



Curiosità sulla maschera di Pantalone
Sembra che i pantaloni, che indossiamo attualmente, si chiamino così dal nome di questa maschera.

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03/02/2022 15:21


Pulcinella


Pulcinella: storia e origini della maschera napoletana
Pulcinella è la maschera di Napoli, una delle più popolari e antiche.

Già conosciuta ai tempi dei Romani e sparita con l’arrivo del Cristianesimo, la maschera di Pulcinella è risorta nel ‘500 con la Commedia dell’Arte e da allora è una delle maschere più amate del Carnevale insieme ad Arlecchino.

Pulcinella è pigro, ironico, opportunista, sfrontato e chiaccherone. Ha un’insaziabile voracità ed è sempre alla ricerca di cibo.
Per un piatto di maccheroni è disposto a tutto: rubare, mentire, imbrogliare e prendere bastonare.

Pulcinella è di poche parole, un po’ goffo, ma sempre in movimento, alla ricerca di espedienti per sfuggire alla prevaricazione e all’avarizia di ricchi e potenti.

Il colore del suo costume – pantaloni e ampia camica – è bianco, con una maschera nera con naso lungo e adunco e un cappello bianco di stoffa bianca.

Il nome di Pulcinella deriva con ogni probabilità dal napoletano “pollicino”, che significa pulcino, e si riferisce al timbro della sua voce.

Pulcinella nei versi tratti da Maschere di Domenico Volpi
Sono una maschera sempre affamata,
biancovestita e mascherata.
Mia patria è Napoli, dove perfetti
nascono i piatti degli spaghetti.
Son della terra delle canzoni,
son del paese dei maccheroni,
son specialista in bastonate:
quante ne ho prese, tante ne ho date!




Curiosità su Pulcinella
L’espressione “il segreto di Pulcinella” che indica un segreto che non è più tale, si riferisce ad una caratteristica di questa maschera: non riesce mai a tacere e a tenere un segreto a lungo.

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03/02/2022 15:23


Rosaura


Rosaura: Storia e origini della maschera veneziana
Rosaura è figlia di Pantalone e la sua attività preferita è chiacchierare con la sua cameriera, spesso interpretata da Colombina.

Il legame tra le due donne è fortissimo e Colombina è disposta a tutto pur di aiutare la sua amata padroncina, anche a studiare intrighi e organizzare macchinazioni per farle raggiungere la felicità.

Il suo ruolo è spesso quello di innamorata di un giovane maldestro e scapestrato, e suo amore quindi è spesso contrastato dal ricco genitore.

È protagonista di alcune famosissime opere di Carlo Goldoni come La vedova scaltra (del 1748) e La donna di garbo (1744).

Nella tradizione il suo costume è caratterizzato da un abito verde, con nastri e fiocchi rossi. Non porta una maschera sul viso e i suoi capelli biondi sono sempre acconciati alla perfezione.

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03/02/2022 15:26


Rugantino


Rugantino: Storia e origini della maschera romana
Rugantino è una maschera tipica della città di Roma. Appare spessissimo tra i personaggi del teatro dei burattini.

Il nome Rugantino deriva dalla parola “ruganza”, che significa arroganza. È il tipico “bullo de Trastevere, svelto co’ le parole e cor cortello”.

È litigioso, attaccabrighe e inconcludente.
Spesso ha poi la peggio nelle rogne e nei litigi che provoca, anche se nei suoi racconti sono sempre di più le botte che dà di quelle che riceve.

In origine era vestito da gendarme, una guardia sempre pronta a prendersela con qualche innocente per affermare la propria forza.

In tempi più recenti toglie gli abiti militari e veste panni civili. Assume pian piano un carattere più bonario e pigro, diventando interprete di quella Roma popolare ricca di giustizia e solidarietà.

Veste abiti bizzarri e stravaganti, indossa un gilè e un importante cappello di colore rosso.

Rugantino nei versi tratti da Maschere di Domenico Volpi
Sono la maschera più brontolona,
anche se arguta, semplice e buona!
Se ti facessero ‘na prepotenza,
chiamami subito: corro d’urgenza!
Faccio una strage, faccio macelli,
specie col vino de li Castelli.
Se dopo tutto vengo alle mani,
c’è poco da rugà semo romani!


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03/02/2022 15:28


Stenterello


Stenterello: storia e origini della maschera toscana
Stenterello è la maschera tipica toscana e fa parte del gruppo delle maschere della Commedia dell’Arte antica.

Ha origini nella città di Firenze e incarna i caratteri tipici del personaggio fiorentino: chiacchierone, impulsivo e pauroso, ma anche furbo a modo suo e pronto alla battuta.
Stenterello si esprime in vernacolo fiorentino, con espressioni colorite, ma mai volgari.

La natura non gli ha donato prestanza fisica, al contrario ha un aspetto smagrito, basso di statura, gracile, spesso sdentato, con un naso molto pronunciato.

Stenterello è un personaggio malandato, disordinato, senza mai un soldo in tasca.
Sa essere tuttavia arguto, saggio e ottimista e riesce sempre a cavarsela.

Il suo abbigliamento è lo specchio del suo carattere: una calza di un colore, l’altra di un altro, la giacca blu con risvolti a scacchi rossi e neri, i pantaloni corti e stretti al ginocchio, il panciotto a pallini. Indossa un cappello a barchetta e una parrucca con il codino.



Curiosità su Stenterello
A dare il nome a questa maschera fu il pubblico toscano, come colui “che pare cresciuto a stento”, da qui Stenterello.
Ideata dall’attore fiorentino Luigi Del Buono nel 1700, la maschera viene ricordata da una targa, che ancora oggi possiamo trovare a Firenze al Borgo Ognissanti n. 4, dove si legge: “In questo palazzo ebbe sede dal 1778 il Teatro Borgoggnisanti dove Luigi Del Buono (1751 – 1832) creò la maschera di Stenterello, popolare personaggio fiorentino burlone, canzonato ed arguto rimasto nella memoria cittadina”.

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03/02/2022 15:36


Tartaglia


Tartaglia: Storia e origini della maschera napoletana
Tartaglia è una maschera tipica della città di Napoli, anche se le sue origini sembrano essere veronesi.

Il personaggio è quello di un vecchio, corpulento e goffo, affetto da forte miopia e accentuata balbuzie (da cui appunto il nome di Tartaglia!).
Insieme a Pantalone e al Dottor Balanzone ricopre spesso la parte di uomo anziano innamorato.

Lo si ritrova anche all’interno della famosa commedia di Carlo Goldoni: “Arlecchino servitore di due padroni”.

Il costume è spesso costituito da un abito verde strisce gialle, con ampio collare bianco. Completano la maschera un paio occhiali verdi e un mantello sempre verde a strisce gialle.



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03/02/2022 15:39


Zanni


Zanni: Storia e origini della maschera del servo furbo e imbroglione per eccellenza
Zanni era un personaggio del teatro comico dell’antica Roma, divenuto poi maschera della Commedia dell’Arte.

È il personaggio del servo per eccellenza, servo che può essere imbroglione e furbo oppure pasticcione e sciocco.

Il nome Zanni è la versione veneta del nome Gianni, nome diffusissimo nella zona veneto-lombarda da cui arrivavano la maggiorparte dei servitori per i ricchi mercanti e per i nobili veneziani. Per questa ragione lo Zanni venne identificato con i servi.

In origine personaggio funzionale allo svolgersi della vicenda, intorno al Cinquecento, si arricchì pian piano di carattere e importanza, divenendo una maschera più importante allo svolgimento della trama e indipendente.

Il costume è caratterizzato da un abito bianco e ampio, formato da casacca e calzoni. Completa il tutto una maschera nera.

Con gli anni, il ruolo di Zanni si divise in due differenti tipologie di personaggio:

- primo Zanni (o zani): il servo furbo, astuto e intrigante, e spesso autore di imbrogli e raggiri
- secondo Zanni(o zani): il servo sciocco e sempliciotto (o apparentemente tale), che aveva spesso il compito di divertire il pubblico interrompendo l’azione con giochi mimici, lazzi, imitazioni, salti e balli che a volte richiedevano anche una considerevole abilità acrobatica.

Tra le maschere che ricoprirono il ruolo di primo Zanni si ricorda principalmente Brighella.
Mentre il ruolo di secondo Zanni era spesso ricoperto da Arlecchino o Pulcinella.

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03/02/2022 15:43


Carnevale: origine dei Coriandoli


Qual è l’origine dei Coriandoli? Chi ha inventato i piccoli dischetti colorati?
I Coriandoli sono piccoli dischetti di carta di diversi colori che vengono lanciati in aria o sulle persone durante il Carnevale.
Sono spesso abbinati alle stelle filanti.
Ma come sono nati? Chi li ha inventati? Qual è l’origine dei Coriandoli?

Ecco come sono nati: verso la fine del 1500 i confetti erano chiamati coriandoli perché venivano realizzati ricoprendo di zucchero i semi del coriandolo (e non le mandorle come si usa fare oggi).
Questi dolcetti venivano regalati durante i matrimoni o lanciati sulla folla dalle carrozze e dai carri in sfilata durante il Carnevale insieme a fiori, arance, granturco…
Durante il Rinascimento, anche per risparmiare un po’, si iniziò a tirare palline di carta o gesso colorate, che continuarono a essere chiamate coriandoli.
Solo nel 1875 si adottarono i dischetti di carta grazie a un ingegnere di Crescenzago (Milano), Enrico Mangili.
Egli infatti commercializzò i dischetti di scarto provenienti dagli allevamenti di bachi da seta. Questi dischetti ebbero subito un enorme successo in quanto poco costosi e molto facili da realizzare.

Esiste però un altro ingegnere, Ettore Fenderl, che rivendica l’invenzione del coriandolo. Il Dr. Fenderl dichiarò in un’intervista alla radio RAI nel 1957 che se li inventò un Carnevale di fine secolo. Infatti, non avendo abbastanza soldi per comperare i coriandoli di gesso allora in uso, ritagliò dei piccoli pezzettini carta colorata e si mise a lanciarli per festeggiare Carnevale con gli amici.

Comunque, chiunque sia stato il vero inventore dei coriandoli ha avuto una grande idea perché i piccoli dischetti colorati donano allegria e felicità durante il Carnevale!

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03/02/2022 15:45


Carnevale: Ti conosco mascherina!


Perché si dice: Ti conosco mascherina?
L’espressione “Ti conosco mascherina!”, che oggi significa che nonostante le apparenze non ci siamo fatti ingannare, ha origini antiche e risale al Medio Evo, quando grazie al travestimento, nel periodo di Carnevale, il popolo aveva l’occasione di rovesciare i ruoli, anche se solo per qualche giorno e per gioco, della rigida società del tempo.

Una volta, infatti, il travestimento aveva uno scopo ben preciso che oggi è andato perduto: nascondendosi dietro ad una maschera e celando in questo modo la propria identità, ciascuno aveva la possibilità di comportarsi come meglio credeva e, soprattutto, come non avrebbe mai avuto il coraggio di comportarsi a viso scoperto.

L’espressione Ti conosco mascherina stava ad indicare che nonostante la mascherata chi cercava di celarsi era stato scoperto! Con tutte le eventuali conseguenze del caso!

Oggi ovviamente si è persa tutta la funzione di sfogo del mascherarsi, è rimasto il significato dell’espressione Ti conosco mascherina anche se con valenza meno importante.

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