00 11/06/2013 12:26

Un cantastorie dei giorni nostri

di Vincenzo Mollica


Gira che ti rigira e la chiave per entrare nel suo mondo l'avevamo sotto gli occhi, o meglio sulla copertina del suo secondo disco, datato 1971, intitolato "Un cantastorie dei giorni nostri".
La parola chiave, la prospettiva, il punto di fuga da cui partono tutte le linee per capire il suo affresco, sta nella parola cantastorie, parola che proprio per la nobiltà e l'universalità che porta con sè è illuminante.
Nei suoi quarant'anni di carriera, Claudio Baglioni è stato sempre un irregolare nel mondo della musica leggera.
La canzone d'autore forse non gli ha mai perdonato lo straordinario successo che ha avuto.
Successo di popolo appunto, successo in cui la gente si specchiava senza farsi troppe domande e senza perdersi in inutili classificazioni.
Baglioni dal popolo viene e con il popolo non ha mai smesso di dialogare: ha cantato i suoi amori, i temi sociali che sentiva, lo smarrimento del nostro tempo non facile da decifrare.
Proprio per questo l'arte di Claudio Baglioni è canzone d'autore a pieno titolo, con buona pace dei puristi, sempre pronti a catalogare tutto quello che gli passa sotto il naso.
Baglioni ha cantato le sue storie, tutte le sue composizioni partono da questa necessità antica come il mondo.
Ha cantato la sua giovinezza e continua a cantare la sua maturità, canta la vita per come la respira e come gli si presenta, senza barare.

Continua...

Tina