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31/10/2015 23:01 | |
In Toscana, in Veneto e in Calabria era tradizione recarsi al cimitero e mangiare fave sulle tombe dei propri cari.
In Liguria piatto tipico del 2 novembre era lo “stoccafisso e bacilli”, stoccafisso con le fave, mentre nel Veneto erano le “faoline”, semplici fave, e in Sicilia le “fave a coniglio“, che venivano lesse con aglio e origano.
Nel corso dei secoli, causa dei rischi che le fave provocano su chi è affetto da favismo (difetto genetico ereditario che provoca gravi anemie in caso di assunzione di legumi), vennero sostituite da dolci a base di mandorle o pinoli a forma e col nome rituale di “fave dei morti”. Dolci che ri troviamo tutt’oggi in molte cucine regionali italiane, dalla Lombardia al Lazio all’Emilia Romagna al Veneto, alle Marche, all’Umbria, alla Sardegna ecc.
Anche i ceci vengono associati fin dai tempi più antichi ai defunti.
Nell’antica Grecia, durante le Antesterie, feste che duravano 3 giorni a fine inverno in onore di Dioniso si riteneva che i defunti tornassero sulla terra, l’ultima giornata era dedicata alla “festa della Pentola”, in questa giornata si cuocevano grandi pentole di civaie (ceci, fave, fagioli e altri semi) dedicate a Dioniso e Ermes, che venivano poi esposte sugli altari e offerte alle anime dei defunti affinché si rifocillassero prima di intraprendere il lungo viaggio di ritorno nell’aldilà.
Continua...
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